Tari … Immobili disabitati, pertinenze e affitti brevi danno diritto all’esenzione dalla tassa rifiuti?
Chi ha detto che tutti devono per forza pagare la tassa sui rifiuti? Sarà pure tra le tasse più odiate dagli italiani (ammesso che ce ne sia una particolarmente amata, non risulta), ma anche la Tari ha le sue esenzioni ed i suoi sconti. Ma chi non paga la Tari? Possibile che ci sia qualche cittadino così fortunato? Ce ne sono eccome. Anche se non sempre sono facili da individuare. Un po’ perché esenzioni e riduzioni sulla Tari non arrivano sempre dalla stessa voce. Alcune le decidono i Comuni nei loro regolamenti, altre emanano dalla giurisprudenza, non sempre concorde sull’argomento.
Ricordiamo che la Tari, cioè la tassa sui rifiuti, è stata introdotta nel 2014 con la legge di stabilità ed interessa chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo dei locali o delle aree scoperte adibiti a qualsiasi uso e che siano suscettibili di produrre rifiuti urbani. Questo significa che, in linea generale, paga la Tari il privato cittadino che ha un appartamento di proprietà o che in quell’appartamento vive in affitto. Ma anche il commerciante o l’imprenditore che ha un negozio, un ufficio o un’azienda nella quale si può produrre spazzatura. Ma se è così, chi non paga la Tari?
Paga la Tari chi ha la casa disabitata?
Uno dei casi in cui la Tari non si paga è quello in cui una persona possiede un’immobile che, però, è disabitato e che, pertanto, non è suscettibile di produrre dei rifiuti urbani visto che nessuno ci vive. Occhio, però, al concetto di «immobile disabitato». Affinché venga considerato tale, l’appartamento non deve essere allacciato ad alcuna utenza e non deve contenere degli arredi. In altre parole: la casa vuota è una cosa, la casa disabitata è un’altra ben diversa. Se un immobile è potenzialmente abitabile perché attaccato alla luce, all’acqua e al gas ed ha dentro l’arredamento considerato indispensabile per viverci dentro (il letto, il frigorifero, un tavolo e una sedia, ecc.) allora si deve pagare la tassa rifiuti. Se, invece, non c’è la luce, non si può cucinare, non c’è l’acqua, non c’è un mobile su cui sedersi o sdraiarsi a dormire, allora la casa si considera disabitata e non si paga la Tari. Almeno così dice il Ministero dell’Economia e delle Finanze.Il problema è che la Cassazione non è d’accordo. Secondo la Corte Suprema, è esentato dal pagamento della Tari chi ha un immobile inutilizzabile, non inutilizzato. Qual è la differenza? Che nel primo caso il proprietario non ci vive nemmeno volendo mentre nel secondo sì. E perché dice questo la Cassazione? Perché, secondo la legge, paga la Tari chiunque detiene a qualsiasi titolo un locale o un’area scoperta a qualsiasi uso adibiti (ricordate? Lo dicevamo poco fa). Perché uno si può portare un fornello a gas, un paio di torce e tre o quattro coperte e utilizzare quell’appartamento quando e come vuole. Mica c’è scritto da qualche parte che a tutti piacciano le comodità.Per farla breve: che tu usi o meno il tuo immobile, al Fisco non importa granché. L’unica condizione valida per non pagare la Tari da questo punto di vista sarebbe che l’immobile non fosse agibile, cioè che sia oggettivamente non utilizzabile.E quindi, chi decide? Decide chi incassa, cioè il Comune. È l’amministrazione locale a determinare se e quando c’è l’esenzione dal pagamento della Tari per un appartamento inutilizzato. Di norma, si tende a dare ragione al Ministero delle Finanze, come nel caso del Comune di Milano. Gli amministratori meneghini hanno scelto di non far versare il tributo a chi ha un immobile senza arredi o suppellettili e non è allacciato ad alcuna utenza. Ne basterebbe una sola (ad esempio, la corrente elettrica) oppure qualche arredo per pagare la Tari.
Paga la Tari chi ha qualsiasi tipo di area?
È bene precisare che non paga la Tari chi possiede un’area scoperta pertinenziale o accessoria a locali tassabili oppure un’area comune condominiale non occupata o detenuta in via esclusiva. Sono, infatti, esenti dal pagamento della tassa rifiuti:
- locali ed aree condominiali;
- locali ed aree non suscettibili di produrre spazzatura, come un balcone, un terrazzo, un sottotetto o una cantina;
- aree scoperte che risultano pertinenze o accessorie di locali già assoggettati alla Tari;
- parcheggi;
- box auto;
- cortile;
- giardino condominiale;
- area di accesso ai fabbricati.
Paga la Tari chi vive in affitto?
Il contribuente che vive in affitto non paga la Tari solo se c’è il requisito del tempo, vale a dire se occupa l’appartamento in locazione solo meno di 6 mesi. In questo caso, la tassa rifiuti la paga il proprietario dell’immobile. Altrimenti la Tari la paga l’inquilino.La regola vale sia in caso di affitto per uso abitazione sia per uso villeggiatura. Mettiamo il caso, ad esempio, che vuoi prendere una casa in locazione in riva al mare per la stagione estiva, da giugno a settembre compresi. Sarebbero 4 mesi, quindi non sei tenuto a pagare la Tari. La tassa rifiuti spetta, invece, a te se il posto ti piace tanto e ci vuoi restare fino a Natale, cioè per 7 mesi (per 8 mesi se ci fai pure Capodanno e la Befana, poco cambia).
Paga la Tari chi ha la seconda casa?
Qui la cosa cambia. Non si parla di una seconda casa in affitto breve per una vacanza di un mese o di un paio di mesi ma di un’altra proprietà, cioè di chi possiede un immobile ad uso villeggiatura. La brutta notizia per il contribuente in questione è che deve pagare la Tari. La bella notizia (guardiamola così) è che avrà una riduzione del 30% sulla normale tariffa. Così ha stabilito la Commissione Tributaria provinciale di Massa Carrara, In pratica, non paga la tassa rifiuti chi ha un appartamento disabitato d’inverno ed abitato d’estate (o viceversa se, ad esempio, si trova in una località sciistica). Un appartamento, insomma, in cui il proprietario non ha la residenza.Il senso della Tari ridotta lo si trova nel concetto suggerito dall’Unione europea secondo cui chi produce dei rifiuti deve pagare. Ma, stando ai princìpi di equità e di capacità contributiva sanciti dalla Costituzione, non può pagare lo stesso chi inquina tutto l’anno e chi lo fa solo per 2-3 mesi.
Paga la Tari chi ha il cassonetto dei rifiuti lontano da casa?
Altra questione, per così dire, «di principio» che molti contribuenti si pongono: se non ho il servizio di raccolta sotto casa e devo portare il sacco dell’immondizia chissà dove, devo pagare la Tari? Sì ma, anche in questo caso, con lo sconto. Quanto in meno? Lo stabilisce ogni singolo Comune ma può arrivare al 40% dell’importo pieno. A condizione, però, che il cassonetto dei rifiuti dove devi buttare la spazzatura disti da casa tua almeno 300 metri a partire dall’imbocco della strada privata.Questo vale anche per chi, con tutta la buona volontà, non vuole abbandonare il sacco in mezzo alla strada, va nel cassonetto (anche sotto casa) e se lo trova sempre pieno, magari perché lì vicino c’è qualche attività commerciale che produce una quantità considerevole di rifiuti. Segnale, comunque, che nessuno passa regolarmente a svuotarlo.A questo proposito, se il camion della nettezza urbana lo si vede raramente, cioè se c’è un servizio di gestione della spazzatura assente o discontinuo, il contribuente avrà diritto ad uno sconto dell’80% sull’importo della Tari. Significa che pagherà soltanto il 20% di quello che gli spetterebbe. Anche qui ad una condizione: che il mancato servizio di raccolta abbia provocato un’emergenza ambientale e sanitaria certificata dall’Asl.
Tari: come posso sapere quanto devo pagare?
Se la tua situazione non rientra in una di quelle sopra esposte, cioè se non hai diritto all’esenzione dal pagamento della Tari o ad una riduzione, non è detto che tu debba versare automaticamente la tassa che ti viene richiesta. Magari la cifra è giusta, ma tanto vale dare una controllata. Ma come sapere se si paga il giusto o no? La prima cosa da guardare quando arriva l’avviso di pagamento è la superficie riportata perché il calcolo della tassa sui rifiuti si basa proprio sulla superficie calpestabile e su quella catastale. La prima la si può verificare dalla planimetria della casa. Per quanto riguarda la seconda, cioè la superficie catastale, ricordati che la regola dell’80% tassabile vale solo se non c’è l’indicazione sulla superficie calpestabile. Il dato è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione «consultazione rendite catastali», anche se per gli immobili di categoria A, cioè le abitazioni, si trova solo il numero dei vani della casa. Se ti accorgi che c’è un errore fin troppo evidente non ti conviene pagare. Vai in Comune e chiedi un ricalcolo in base alla reale superficie da tassare.Fatto questo, controlla anche sull’avviso di pagamento il numero degli occupanti dell’immobile e le quote (fissa e variabile) che determinano l’importo della Tari. L’occhio deve cadere in particolare sulla quota variabile, che deve riguardare soltanto la casa e non le pertinenze che, come detto in precedenza, non vanno calcolate (box, parcheggio, cantina, balconi, ecc.). Sulle seconde case, invece, c’è da verificare se la tariffa viene calcolata in base al numero presunto di occupanti dell’immobile e se si può fare riferimento ai membri del nucleo familiare del luogo di residenza.
Tari: cosa fare se trovo degli errori?
Se controllando l’avviso di pagamento della Tari hai riscontrato degli errori, vai in Comune e chiedi dei chiarimenti presentando un’istanza in autotutela. Il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica di accertamento che arriva dall’amministrazione locale quando il contribuente non ha rispettato l’avviso di pagamento (anche se la procedura di accertamento può cambiare a seconda del Comune). L’istanza in autotutela non esclude la successiva presentazione del ricorso alla Commissione tributaria.La richiesta di ricalcolo va effettuata quando l’errore rilevato riguarda, appunto, il calcolo dell’importo (ad esempio, la quota fissa o variabile sbagliata). Ma se quello riscontrato è un errore generato da un’interpretazione non giusta della legge (si tratterebbe di un errore di diritto), la soluzioni è impugnare l’avviso di pagamento.